Ho da poco seguito un bel congresso online organizzato dal 𝘗𝘦𝘳𝘴𝘰𝘯𝘢𝘭𝘪𝘻𝘦𝘥 𝘓𝘪𝘧𝘦𝘴𝘵𝘺𝘭𝘦 𝘔𝘦𝘥𝘪𝘤𝘪𝘯𝘦 𝘐𝘯𝘴𝘵𝘪𝘵𝘶𝘵𝘦 a tema IMMUNITA’, argomento oggi sulla bocca di tutti. Quindi vorrei condividere alcune riflessioni, cominciamo da cose semplici: tutti invecchiamo. Dopo oggi, anche tu non sarai più lo stesso, e so che questo pensiero è un po’ come un amico scomodo invitato allo stesso party che cerca di rivolgerci la parola, ma resta un attimo con me. Quello che voglio dire è che invecchiare è un processo fisiologico, normale. Ciò che invece è fisio-PATO-logico è invecchiare male (“𝘶𝘯𝘩𝘦𝘢𝘭𝘵𝘩𝘺 𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨”), cioè ammalarsi precocemente e passare in malattia gli ultimi anni di vita. Ecco, ma tu dirai “tutti si ammalano quando sono più vecchi, è il motivo per cui si muore!”, eppure ci sono alcuni posti nel mondo, chiamati 𝗕𝗹𝘂𝗲 𝗭𝗼𝗻𝗲𝘀, dove la longevità (in salute) è di casa. Nelle Blue Zones di Sardegna, Grecia, Giappone, Costa Rica e California, la popolazione centenaria è significativamente presente e sono moltissimi gli sforzi che la ricerca scientifica sta compiendo per capire quali fattori siano davvero importanti nel determinare questa durata della vita. Sarà forse colpa del “𝘚𝘪𝘭𝘷𝘦𝘳 𝘛𝘴𝘶𝘯𝘢𝘮𝘪”? Infatti, a livello globale circa 11 000 persone ogni giorno compiono 65 anni e al tasso attuale di invecchiamento si stima che tra il 2015 ed il 2050 gli ultrasessantenni passeranno dal 12 al 22% della popolazione mondiale. La presenza delle Blue Zones nel mondo occidentale, così colpito dalle patologie cardio-metaboliche, dal cancro, dalle demenze e dalla sindrome di fragilità tipiche della tarda età, sottolinea due considerazioni importanti: 1) invecchiare è naturale, ma non invecchiamo tutti allo stesso modo, anzi potremmo dire che sono evidenziabili diverse traiettorie di invecchiamento, le quali pendono più verso la salute o la malattia; 2) invecchiare non vuol dire sempre ammalarsi, e occorre distinguere attentamente tra durata della vita e durata della salute. Questo lo puoi capire guardando il grafico qui sotto: le diverse pendenze delle linee colorate rappresentano diverse “velocità” di invecchiamento; all’aumentare dell’età, l’insorgenza di patologie correlate può essere precoce (linea rossa) o tardiva (linea verde). La durata della salute (l’area sotto il tratteggio) e della vita (la lunghezza delle linee colorate) sono rispettivamente accorciate se il tasso di invecchiamento accelera o allungate se il tasso di invecchiamento rallenta.
Perché esiste questa variabilità nel tasso di invecchiamento? Fino all’inizio del secolo si parlava di “DESTINO GENETICO”. Ma oggi sappiamo che l’individuo non corrisponde sterilmente al suo patrimonio genetico, perché l’organismo non è una scatola chiusa; piuttosto, l’individuo raccoglie informazioni sull’ambiente e queste determinano almeno in parte come i geni ereditati funzionano: cioè, il genoma è in grado di rispondere ai segnali ambientali ed essi determinano aspetti fondamentali dell’organismo, del suo essere e del suo vivere. Come succede questo? Ti racconto una storia: sapevi che le api regine non nascono regine ma lo diventano? Infatti, le larve che si sviluppano in regine e in operaie sono geneticamente identiche; tuttavia, le larve regine vengono alimentate con la 𝗽𝗮𝗽𝗽𝗮 𝗿𝗲𝗮𝗹𝗲, una sostanza complessa e ricca di proteine che le operaie secernono da ghiandole della testa, e che altera la direzione dello sviluppo della larva, che originerà una femmina adulta dotata di ovaie e della capacità di deporre uova. Inoltre, rispetto alle sterili api operaie, l’ape regina è in grado di vivere fino a 20 volte più a lungo. Quindi, stesso genoma, ma durata della vita molto diversa.
Questa riprogrammazione dell’organismo ad opera della pappa reale avviene a livello genetico, o meglio EPI-genetico (“sopra i geni”); l’epigenetica è quella branca della biologia che studia come alcuni fattori possono attivare o silenziare dinamicamente parte del genoma di un individuo durante il suo sviluppo, con effetti sulla morfologia, sul metabolismo e sulla longevità. Nelle api, la pappa reale “attiva” selettivamente alcuni geni da regina che nelle api operaie restano invece silenti. Quindi l’interazione con l’ambiente in cui l’organismo si trova, ad esempio quale cibo è disponibile, quali virus ci minacciano o il livello di stress a cui siamo sottoposti, genera piccoli promemoria sul genoma e modifica come questo viene “letto”.
𝓛’𝓮𝓹𝓲𝓰𝓮𝓷𝓮𝓽𝓲𝓬𝓪 𝓮̀ 𝓵𝓪 𝓫𝓻𝓪𝓷𝓬𝓪 𝓭𝓮𝓵𝓵𝓪 𝓫𝓲𝓸𝓵𝓸𝓰𝓲𝓪 𝓬𝓱𝓮 𝓼𝓽𝓾𝓭𝓲𝓪 𝓵𝓮 𝓲𝓷𝓽𝓮𝓻𝓪𝔃𝓲𝓸𝓷𝓲 𝓬𝓪𝓾𝓼𝓪𝓵𝓲 𝓽𝓻𝓪 𝓲 𝓰𝓮𝓷𝓲 𝓮𝓭 𝓲 𝓵𝓸𝓻𝓸 𝓹𝓻𝓸𝓭𝓸𝓽𝓽𝓲 𝓵𝓮 𝓺𝓾𝓪𝓵𝓲 𝓹𝓸𝓻𝓽𝓪𝓷𝓸 𝓪𝓵𝓵𝓪 𝓻𝓮𝓪𝓵𝓲𝔃𝔃𝓪𝔃𝓲𝓸𝓷𝓮 𝓭𝓮𝓵 𝓯𝓮𝓷𝓸𝓽𝓲𝓹𝓸 (𝓒𝓸𝓷𝓻𝓪𝓭 𝓦𝓪𝓭𝓭𝓲𝓷𝓰𝓽𝓸𝓷 1940𝓼).
L’epigenetica ci spiega un sacco di cose; ad esempio, perché due cellule geneticamente identiche nel nostro organismo si differenziano tanto da diventare un neurone e un adipocita (una cellula del tessuto adiposo). E, grazie alla recente ricerca scientifica, tramite l’epigenetica è anche possibile misurare il tasso di invecchiamento di un organismo, o in altre parole la sua 𝗲𝘁𝗮̀ 𝗯𝗶𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗮. Per essere chiari, una persona nata nel 1958 ha un’età cronologica di 63 anni, ma potrebbe avere un’età biologica minore se il suo tasso di invecchiamento è rallentato, o maggiore se invece è accelerato. Purtroppo, i dati scientifici ci mostrano che invecchiare più rapidamente è associato a mortalità precoce e più alto rischio di sviluppare patologie cronico-infiammatorie. “𝘓𝘪𝘷𝘦 𝘧𝘢𝘴𝘵, 𝘥𝘪𝘦 𝘺𝘰𝘶𝘯𝘨” è la versione breve e punk della storia.
Ma quali meccanismi sono responsabili dell’invecchiamento? Tornando alle nostre Blue Zones, uno studio importante ha evidenziato che il fattore più rilevante per una buona traiettoria di invecchiamento (cioè, per un “𝘩𝘦𝘢𝘭𝘵𝘩𝘺 𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨”) è un ridotto grado di infiammazione, rispetto a fattori molto più gettonati dalla ricerca recente, come l’accorciamento dei telomeri. Quindi, il livello di infiammazione influenza il tasso di invecchiamento dell’organismo e il suo rischio di sviluppare una malattia correlata. 𝓟𝓸𝓼𝓼𝓲𝓪𝓶𝓸 𝓭𝓲𝓻𝓮, 𝓲𝓷 𝓾𝓷 𝓬𝓮𝓻𝓽𝓸 𝓼𝓮𝓷𝓼𝓸, 𝓬𝓱𝓮 𝓵’𝓲𝓷𝓿𝓮𝓬𝓬𝓱𝓲𝓪𝓶𝓮𝓷𝓽𝓸 𝓭𝓮𝓵 𝓼𝓲𝓼𝓽𝓮𝓶𝓪 𝓲𝓶𝓶𝓾𝓷𝓲𝓽𝓪𝓻𝓲𝓸 𝓮̀ 𝓵’𝓸𝓻𝓸𝓵𝓸𝓰𝓲𝓸 𝓬𝓱𝓮 𝓼𝓮𝓰𝓷𝓪 𝓵𝓪 𝓷𝓸𝓼𝓽𝓻𝓪 𝓮𝓽𝓪̀ 𝓫𝓲𝓸𝓵𝓸𝓰𝓲𝓬𝓪.
Ora parliamo un momento di infiammazione. L’infiammazione è una risposta normale che il sistema immunitario innato mette in atto quando presente uno stimolo (ad esempio infettivo) che deve essere rimosso prima di tornare allo stato precedente. Quindi non è una cosa negativa per sé, il problema ovviamente si presenta quando essa persiste senza che l’organismo sia più in grado di spegnerla. E qui parliamo di CO*ID solo per precisare che i sintomi peggiori osservati nei soggetti più colpiti dall’infezione sono legati non tanto all’azione diretta del virus nell’organismo, quanto piuttosto all’esagerata risposta infiammatoria che si scatena quando il sistema immunitario si accorge del diffondersi incontrollato dell’infezione: senza un adeguato controllo antinfiammatorio, è un po’ come tentare di eliminare le mosche con il lanciafiamme. Cosa c’entra questo con l’epigenetica e l’𝘩𝘦𝘢𝘭𝘵𝘩𝘺 𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨? Non è un caso che l’età media dei deceduti per l’infezione sia 80 anni. In realtà, il tasso di invecchiamento accelera mentre invecchiamo e si assiste ad un aumento dei livelli di infiammazione sistemica, tant’è che si parla di 𝙞𝙣𝙛𝙡𝙖𝙢𝙢-𝙖𝙜𝙞𝙣𝙜; questa parolona sottolinea che il rapporto invecchiamento-infiammazione è molto stretto. Infatti, anche i geni coinvolti nella funzione immunitaria sono suscettibili alla riprogrammazione epigenetica: i promemoria epigenetici raccolti durante la vita sono in grado di programmare i livelli di infiammazione dell’età avanzata e influenzare il rischio di sviluppare malattie connesse ad infiammazione cronica e di contrarre malattie infettive. E’ riduzionista, però, pensare che il cambiamento della funzione immunitaria osservato in età avanzata sia del tutto disfunzionale: l’𝘪𝘯𝘧𝘭𝘢𝘮𝘮𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨 non corrisponde al semplice aumento dei segnali pro-infiammatori, ma ad un’attivazione generale dei sistemi dell’infiammazione che probabilmente promuove anche un parallelo stimolo dei meccanismi di controllo dell’infiammazione (l’𝘢𝘯𝘵𝘪-𝘪𝘯𝘧𝘭𝘢𝘮𝘮𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨). Nei centenari potrebbe essere questo equilibrio a garantire una certa protezione dagli effetti dell’𝘪𝘯𝘧𝘭𝘢𝘮𝘮𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨. Per tornare alle parole semplici, un rimodellamento ottimale della funzione immunitaria permette di limitare l’uso del lanciafiamme, educando il sistema di difesa ad una maggiore efficienza e riducendo i danni collaterali.
Quindi in conclusione, abbiamo visto che: 1) l’𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨 ha diverse traiettorie associate ad un tasso di invecchiamento più o meno accelerato; 2) un tasso di invecchiamento accelerato è predittivo di ridotta durata della salute e della vita; 3) l’invecchiamento del sistema immunitario e i livelli di infiammazione (incontrollata) hanno un peso rilevante nell’accelerazione dell’invecchiamento; 4) informazioni ambientali, come ad esempio la dieta, possono programmare a livello epigenetico le risposte del sistema immunitario.
Ma la bella notizia è che le modificazioni epigenetiche, positive o negative che siano, sono reversibili almeno in parte, un po’ come se i memo epigenetici fossero scritti a matita. Il convegno di cui ti ho parlato all’inizio affrontava anche il tema di come correggere i promemoria epigenetici che ci fanno invecchiare più velocemente.
𝓕𝓲𝓷𝓸 𝓪𝓵 70% 𝓭𝓮𝓵𝓵𝓪 𝓿𝓪𝓻𝓲𝓪𝓫𝓲𝓵𝓲𝓽𝓪̀ 𝓲𝓷𝓭𝓲𝓿𝓲𝓭𝓾𝓪𝓵𝓮 𝓷𝓮𝓵𝓵𝓮 𝓽𝓻𝓪𝓲𝓮𝓽𝓽𝓸𝓻𝓲𝓮 𝓭𝓲 𝓲𝓷𝓿𝓮𝓬𝓬𝓱𝓲𝓪𝓶𝓮𝓷𝓽𝓸 𝓹𝓾𝓸̀ 𝓭𝓲𝓹𝓮𝓷𝓭𝓮𝓻𝓮 𝓭𝓪𝓰𝓵𝓲 𝓮𝓯𝓯𝓮𝓽𝓽𝓲 𝓭𝓮𝓵 𝓷𝓸𝓼𝓽𝓻𝓸 𝓼𝓽𝓲𝓵𝓮 𝓭𝓲 𝓿𝓲𝓽𝓪.
La scienza che conduce questa ricerca si chiama Geroscienza e, a dispetto del nome, è piuttosto giovane: essa studia come agire sui meccanismi dell’𝘢𝘨𝘪𝘯𝘨 per favorire una traiettoria più vicina alla conservazione della salute e si pone l’obiettivo (non più tanto fantascientifico) di prolungare la durata della vita prevenendo lo sviluppo delle malattie associate all’età, come il cancro, piuttosto che doverle poi curare.
Se ti stai domandando “ma alla fine dobbiamo mangiare la pappa reale per vivere di più?”, beh non sei l’unico. Nel prossimo approfondimento parleremo di cosa si è scoperto finora sulla relazione tra dieta e longevità!
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